Il mito di Giordano Bruno risplende ancora come le fiamme che lo arsero vivo a Campo de’ Fiori a Roma nel 1600, e 423 anni dopo a Napoli la sua figura viene rievocata in un evento speciale al Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore.
Fiamme e Ragione, questo è il titolo della visita guidata teatralizzata che l’associazione culturale Nartea ha proposto al suo pubblico il 18 febbraio scorso, il giorno successivo alla data della sua morte da eretico, punito dalla Chiesa della Controriforma per le sue idee e per la filosofia che stava portando avanti in seno al mondo ecclesiastico europeo.
Le fiamme possiedono i colori delle luci che hanno illuminato il percorso guidato e i volti degli attori coinvolti: Alessio Sica, Pietro Juliano, Peppe Romano e Mario Di Fonzo, quest’ultimo impegnato proprio nei panni tormentati, ribelli di Giordano Bruno.
Come fiammate le loro battute e i testi, scritti dal direttore artistico di Nartea Febo Quercia, hanno attraversato le sale del Complesso, affilati e incisivi nel racconto di un martirio praticamente già scritto e deciso.
La Ragione, invece, espressa dalla Libraria fino alla Sala del Capitolo, è quella di un uomo di Chiesa, sinceramente appassionato e devoto alla fede, ma pur sempre figlio del suo tempo e del Rinascimento italiano. Un anticipatore per certi versi di quella rivoluzione scientifica e di pensiero che esalterà la Ragione sopra ogni cosa, guadagnandosi ulteriori critiche da parte dei poteri secolari: l’Illuminismo.
I costumi, realizzati da Antonietta Rendina, hanno fatto immergere i partecipanti dei due turni di visita – condotti dalla guida specializzata e storico dell’arte Matteo Borriello -, negli anni napoletani di Giordano Bruno.
Originario sì di Nola, ma anche frate domenicano che visse e alloggiò nel Complesso Monumentale, dove incontrò per la prima volta la sua Magia Naturalis.
In apertura straordinaria, il Complesso ha accolto un nutrito gruppo di visitatori e Nartea, col patrocinio del Comune di Napoli, ha acceso ancora una volta, con una scrittura asciutta e una precisa messa in scena, le luci su una vicenda buia, figlia dell’Inquisizione più oscurantista.
Essa anticipò, con il martirio di Giordano Bruno, la triste vicenda e l’abiura di Galileo Galilei, avvenute qualche decennio più tardi.
Le otto proposizioni eretiche delle dottrine di Bruno, che comprendevano la negazione della creazione divina, dell’immortalità dell’anima, la concezione dell’infinità dell’universo e del movimento della Terra, dotata anche di anima, e l’idea degli astri come angeli di un sistema copernicano erano troppo per la Chiesa dell’epoca, dilaniata dalla Riforma Protestante.
Una minaccia che per la prima volta dopo scismi e cattività avignonese, stava minando le fondamenta stesse dell’Istituzione più potente d’Europa, e l’integrità della Cristianità occidentale, mai messa così in discussione come fu allora.