Il nome Olimpo pare significhi impedimento, ostacolo o barriera, tra le varie ipotesi accreditate. Così come i due protagonisti di Nuovo Olimpo, l’ultimo film di Ferzan Ozpetek uscito su Netflix, incontrano degli ostacoli non indifferenti sul loro cammino. In primis la “strada che entra nella stanza”, per citare una delle battute finali di The Dreamers di Bertolucci. Ovvero la Storia col suo carico di violenze, agitazioni, proteste e manifestazioni che puntualmente arrivano a scompaginare tutto. E poi ci sono la lontananza, le strade diverse intraprese, le reticenze, i mancati appuntamenti.
«Che stupidi che siamo, quanti inviti respinti, quante parole non dette, quanti sguardi non ricambiati. Tante volte la vita ci passa accanto e noi non ce ne accorgiamo nemmeno». Le celebri frasi pronunciate da Stefano Accorsi nelle Fate Ignoranti risuonano ancora una volta attraverso la confessione che Pietro fa ad Enea sulla terrazza del loro incontro d’amore.
Il giovane studente di medicina, timido e alle prime armi, gli confida di averlo già visto, ma lui non si era accorto di lui. Un’esperienza che capita spesso e che è capitata anche a me. Preso dal lavoro, dalla tensione, il mio Enea non si ricordava di me, non mi aveva ancora notato. E nemmeno ascoltato, considerando il complimento pronunciato ad alta voce in quel foyer del teatro, subito evaporato. Fortunatamente ci sono i social però oggi, che permettono comunque di scoprirsi, di rimanere in contatto.
«Così il tempo e lo spazio non ci separano», sempre per citare i due ragazzi. O di restare in stand-by, come purtroppo è accaduto nei mesi successivi. Meglio così, col senno di poi, se riflettiamo su una cosa importante: ognuno di noi conosce i suoi tempi e se qualcosa deve accadere, accadrà, troverà la sua strada. Magari con una piccola accelerata improvvisa, perché il rischio di perdersi c’è davvero, al netto delle visualizzazioni e delle interazioni su Facebook e Instagram. E c’è stato questo pericolo, prima di ritrovarsi poi definitivamente.
«La tua assenza mi lega ancora di più a te, io già la conosco questa assenza, perché tu c’eri già nella mia vita prima di conoscerti, io già pensavo a te prima ancora di sapere che faccia avessi. Ti lascio il mio numero di telefono. Ti prego cercami, anche soltanto per dirmi di no». Le parole di Pietro nella lettera lasciata alla cassiera Titti del Nuovo Olimpo, la straordinaria Luisa Ranieri in stato di grazia, combaciano perfettamente con quello che pensavo del mio compagno già allora.
La sensazione di conoscersi da una vita, di percepire quell’assenza, quell’essere incompleti, e di voler ricevere anche un rifiuto: come in Talk dei Coldplay, “oh fratello non so come andare avanti, ho provato difficilmente a raggiungerti perché non so cosa fare”.
«Ti senti perso o incompleto? Ti senti come il pezzo mancante del puzzle? Oh mi sento come se stessero parlando in una lingua che non parlo, e stanno parlando con me», prosegue la canzone. Ed effettivamente, poco prima di metterci insieme, delle lingue straniere avevano inaugurato il nuovo anno, e l’idea stessa di cambiare città, lavoro e tutto era sembrata come una lingua assurda e incomprensibile, felicemente poi abbandonata.
Il pezzo mancante del puzzle ero io per lui, e lui per me: lo stesso pezzo del tetris longilineo cantato dai Pinguini Tattici Nucleari. «Enea, chi si è voluto bene non si lascia mai, non è il quanto, è il come, è l’intensità di un incontro che fa una storia»: tanta verità nella spiegazione della dolce Titti/Luisa, truccata come Mina che pare l’abbia consigliata a Ferzan Ozpetek per il ruolo.
La stessa Mina di Povero Amore, cantata nel film, e del film precedente, La Dea Fortuna, con Luna Diamante. E della nuova hit cantata con Blanco quest’anno: Un briciolo di allegria, perché “per fortuna che ci siamo trovati, sotto un chiaro di luna, forse un po’ stropicciati da una storia vissuta, poco dopo eravamo stesi sopra una pietra, coi capelli in mano come una matita”.
Ferzan sarà pure autobiografico, ma Mina ha cantato per anni l’amore che “scoppia all’improvviso dentro al cuore”, di cui non sai “il perché”. “E tu, e tu, e tu, sei arrivato, mi hai guardato e allora tutto è cambiato” con “L’uomo per me, fatto apposta per me”, solo per citare altre strofe famose della Tigre di Cremona. «Fa molto male essere dimenticati, ma noi non l’abbiamo fatto», dice Pietro ad Enea nel finale. E anche noi due nella vita vera, in fondo, non ci siamo mai dimenticati l’uno dell’altro dopo quel primo messaggio. E se siamo ancora qui, a tenerci per mano al cinema come Pietro ed Enea, un motivo ci sarà: abbiamo una storia da scrivere.