“Regine di Cuori e Inganni d’Autuno” è l’opera prima di Eleonora Belfiore, giornalista e scrittrice alle prese col suo debutto letterario assoluto. Un libro ricco di suggestioni e spunti di riflessione per una ricca intervista alla sua autrice.
Eleonora, questo è il suo primo libro, edito da Turisa, casa editrice con cui collabora da tempo. Come ci si sente a passare dall’altra parte, ovvero dal lavoro di correzione, revisione, nonché di presentazione e reading talvolta, a quello di autrice pubblicata, con un libro che è finalmente tutto suo, al centro dell’attenzione?
É bello aver iniziato con gli amici della Turisa, che conosco da molti anni. Sin da bambina ho esplorato gli universi di carta, come li chiamo io. Quindi per me non c’è stato un vero e proprio passaggio dall’altra parte della barricata, come si suol dire. Tutto è avvenuto in modo estremamente naturale. Scrivere un libro è sempre un’esperienza esaltante e ricca di contrasti. È un atto che richiede cura, energia, fatica. E tanto coraggio. Perché fai una scommessa con te stesso e resti in trepidante attesa di sapere se la tua opera avrà successo o meno. Devi saper gestire anche le delusioni che prima o poi, inevitabilmente, arrivano. Come insegna la vita. Oggi sono tutti scrittori ma guadagnarsi sul campo la fiducia dei lettori e brillare in questo strano firmamento che non sempre premia il talento (del resto, è così in tutti i settori) sono ben altre faccende. Di sicuro è un’avventura unica che ti conduce verso sentieri talvolta del tutto inaspettati e che resta dentro di te. In un modo o nell’altro.
Da dove proviene l’idea di queste Regine di cuori e inganni e chi sono?
Lʼautunno come stagione del rimpianto, il veleno per eccellenza delle fate, metafora delle stagioni del cuore: è da queste suggestioni che hanno preso vita le mie ʻʻRegineʼʼ. Dal noir al fantasy, ho delineato quattro ritratti femminili in lotta contro un Destino “che non rivela nulla che non sia stato scritto tanto tempo fa”. Al centro delle trame vi è dunque il coraggio delle donne, il messaggio che volevo trasmettere ai lettori. Le protagoniste delle mie storie sono eroine capaci di resistere sul campo di battaglia, persino quando questa è irrimediabilmente persa. E di ingannare. Perché, molto spesso, troppo, si perviene alla salvezza attraverso un inganno. Sono dunque donne, diverse per età e per contesto letterario e sociale, ma accomunate da una forza indomita, da un orgoglio talvolta spregiudicato e tuttavia necessario. Sono fiori d’acciaio, per citare uno splendido film degli anni Ottanta. Tutte, però, alla fine scelgono l’Amore. Fino alle estreme conseguenze. Ho voluto concepire questa antologia come una sorta di gioco interattivo con i lettori che verranno catapultati in un mondo di sogno, menzogne e romanticherie fantastiche, accolti in un castello onirico dove si muove, sinuosa e un po’ corsara, la bella Sherazade, il celebre personaggio preso in prestito da “Le mille e una notte” che, attraverso il potere delle parole – l’inganno per eccellenza -, tiene sotto scacco l’oscuro, cattivissimo, signore del castello. E chi sia questo losco individuo, l’autrice – che è molto infida – non lo rivela perché dovrà essere per l’appunto il giocatore, alias il lettore, a scoprirlo. Tornando seri, il libro è soprattutto la scoperta collettiva di un autunno “lusinghiero e malinconico”, parabola perfetta della nostra esistenza.
Per citare un’infelice uscita recente in televisione di un noto personaggio, sono regine “esasperanti”? E può anche dirci che impressione ha avuto di quell’affermazione in merito al rapporto tra uomini e donne e alla triste piaga del femminicidio
Le mie “Regine” sono donne affascinanti che levano il sonno e la fantasia per citare i versi di un’antica canzone napoletana. Vittime, come dico nel libro, di una notte che non hanno saputo o voluto evitare. Perché non tutti nasciamo sotto una buona stella e la sofferenza che patiamo in qualche modo ci determina e determina la nostra vita. Ma il coraggio è Donna e, in questo lavoro, io celebro la sua tenacia, la sua capacità di non arrendersi. Soprattutto in un momento storico così difficile per “l’altra metà del cielo”. Per questo mi innervosisco quando vedo che spesso il peggior nemico di una donna è “una sua simile”. Le espressioni infelici lasciano il tempo che trovano ma inducono importanti riflessioni su quanto, a livello di mentalità e di azioni concrete, possiamo e dobbiamo fare per rendere migliore e a dimensione “di donna” questo mondo. E vorrei dare la mia risposta, un po’ irriverente, a proposito di questa querelle balzata agli onori della cronaca: “Siamo come siamo e non chiederemo scusa per questo”. Un grido oggi più che mai valido e potente.
Viviamo un’epoca contrastata, di grandi affermazioni femminili nel mondo e in Europa soprattutto (basti pensare alle donne al potere nelle Istituzioni come Commissione e Banca Centrale Europea, ovvero rispettivamente Ursula Von Der Layen e la Lagarde), e di arretratezza ancora forte in un paese come il nostro. Come possiamo vincere la sfida in Italia e allinearci agli altri paesi più avanzati?
Dobbiamo andare oltre i pregiudizi, gli stereotipi e fare seriamente lavoro di squadra. Ancora, puntare sulla cultura – abbiamo la maggior parte dei Beni Culturali presenti in questo variopinto e complicato mondo e non abbiamo saputo trarre da questa fortuna una fonte certa di ricchezza economica, è scandaloso! – può essere un ottimo punto di partenza. La Storia dell’Arte celebra sin dalla notte dei tempi la Donna, apre la nostra mente e il nostro cuore. Bisognerebbe dare più spazio nelle scuole e nella società a questa materia ingiustamente giudicata “inutile”. E accanto alla Storia dell’Arte, dare una giusta collocazione a quella che io definisco l’educazione sentimentale.
Questa è pure una fase contraddistinta da forti agitazioni e rivolgimenti culturali, mi riferisco ad esempio alla “cancel culture” che mette a dura prova i classici della letteratura e della Storia dell’Arte in nome del politicamente corretto, e del femminismo in molti casi. Cosa ne pensa?
Penso una cosa molto politicamente scorretta ovvero che tutto questo perbenismo abbia davvero rotto le scatole! Ma anche il dilagante pseudo-femminismo contemporaneo non fa bene alle cause che invece oggi vedono e devono vedere le donne, e non solo, in prima linea. E penso subito alla piaga del femminicidio, alla necessità di sostenere senza se e senza ma le donne vittime di violenza, che troppo spesso vengono lasciate sole ad affrontare il loro dramma. Attorno a loro, un vuoto legislativo e morale assordante. Mentre pretendiamo di ridisegnare Jessica Rabbit e stiamo a discutere se sia preferibile dire “assessore” o “assessora”, migliaia di donne subiscono abusi e violenze di ogni genere. E i carnefici se la cavano a buon mercato. E sempre a proposito della “cancel culture”, posso solo aggiungere che noi siamo il nostro passato. E non c’è futuro se dimentichiamo le nostre radici. Soprattutto se decidiamo di farlo nel nome di un “politicamente corretto” che di “corretto” non ha nulla.
Ispirazioni per il suo libro, influenze letterarie e artistiche ci sono state? Che stile ha seguito?
Sono un’eclettica e amo sperimentare. Ho uno stile tutto mio, una sorta di jam session in cui sono cresciute e maturate tante influenze diverse. Non amo molto le elucubrazioni narrativ/mentali (perbacco, un neologismo creato nel corso di un’intervista!) che tendono a “deconcentrare” il lettore. Sono per uno stile semplice e diretto, per trascinare subito il lettore nel vivo della faccenda. Ho di sicuro molti maestri che mi ispirano. Penso a Dumas, a George Simenon, a Thomas Narcejac e Pierre Boileau, a Murakami. Da grande divoratrice di libri, ognuno di questi autori mi ha dato qualcosa. Nello specifico della mia opera, invece, il mondo dei Preraffaelliti mi ha influenzato moltissimo. Del resto l’arte è ricca di suggestioni e di storie affascinanti. Ma il primo punto di riferimento imprescindibile sono le fiabe. Ora e per sempre.
Autore o autrice preferita e libro del cuore, italiano o straniero che sia, e genere prediletto
Fare le classifiche è sempre un tormento. E al contempo un po’ la nostra umana ragion d’essere come sapeva bene il protagonista di “Alta Fedeltà”, il magnifico libro di Nick Hornby. Ci sono tanti autori e tante autrici che sono cari al mio cuore. Pur tuttavia, tra questi un posto speciale lo occupa sicuramente Graham Greene. Il mio libro preferito è il suo “Fine di una storia”. Stupendo! E poi non posso non citare i fratelli Grimm che sono, sin da piccola, la mia inesauribile fonte di ispirazione. E in un ultimo ma non ultima Isabel Allende. Per quanto riguarda il genere… lo stesso dilemma che ho manifestato all’inizio. Ma non ho dubbi. Ancora una volta rispondo: le fiabe!
Sappiamo che è una grande appassionata del Napoli Calcio. Che tipo di principe o cavaliere è, se si potesse accostare a una delle figure maschili del libro? E se lei fosse una di queste regine di cuori, che trattamento gli riserverebbe? Inganni, trucchi o incantesimi?
Questa è davvero una domanda infingarda! Diciamo che il Napoli si colloca sotto il segno della Vergine. Segno non particolarmente fortunato ma caparbio, che spesso parte in ritardo ma, quando ingrana, non conosce eguali! Il suo percorso è fatto di spaventose cadute e di grandiose rinascite. E in questo senso, come ho detto un po’ di tempo fa in una trasmissione web, “Napoli in Rete”, la squadra rispecchia davvero le caratteristiche del segno. Forse è proprio il Napoli l’oscuro signore del castello, un principe decisamente enigmatico e sfuggente che deve essere spronato, incentivato, rincorso, ingannato e poi sottomesso e educato. Chissà, magari da una fantastica incantatrice. Altrettanto infingarda!
Idee e progetti per un nuovo libro o per il futuro professionale, letterario, giornalistico?
Sono tante le idee che mi frullano in testa e i progetti in cantiere. Senza fornire al lettore troppi dettagli, un po’ per scaramanzia e un po’ perché gli autori sono notoriamente creature sadiche, dirò solo che ho messo nero su bianco le avventure di Salina, una strega un po’ pasticciona (per chi volesse, una delle sue storie è stata pubblicata nell’antologia “Le fiabe della buonanotte” edita da Rudis Edizioni, un’opera che contempla vari autori di alto profilo e che nasce anche per sostenere un’iniziativa benefica). E poi ci sono nuove Regine crudeli all’orizzonte e gite nel passato. Senza mai dimenticare e accantonare l’impegno giornalistico e quello da storica dell’Arte. E, nel frattempo, perché sono multitasking, spero di riuscire finalmente a diventare un’insegnante e abbandonare questo precariato che ha purtroppo segnato un’intera generazione come la mia.
A chi intraprende la strada della scrittura, cosa consiglia (o sconsiglia)?
È una domanda semplice ma che contempla una risposta difficile e molto articolata. Abbandonando il politically correct, posso dire che oggi si scrive troppo e male. Tutti hanno il libro nel cassetto ma questo non è un mestiere per tutti. Tuttavia, per non sembrare una megera o una Regina cattiva – restando in tema – senza spezzare il sogno di nessuno, dico solo che è necessario saper scrivere bene e leggere. Molto. Moltissimo. Mantenere un atteggiamento umile e curioso. Allargare i propri orizzonti. Lasciare libera la fantasia ma affrontare con rigore la trama che si ha in mente. Anche un fantasy deve avere solidi pilastri e un impianto narrativo coerente. Persino se parliamo di draghi e di fattucchiere! E poi, mettersi sempre nei panni del lettore che deve essere guidato lungo un sentiero che noi scrittori tracciamo, ma che può rivelare mille sorprese e mille ostacoli. Anche per gli stessi autori. Ed è questo il bello di un mestiere che regala cose tenebrose, bellissime e spesso – come ho detto all’inizio e per concludere questa intervista con la circolarità tipica del Fato – inaspettate.