Il 7 settembre del 1860 Garibaldi, appena entrato a Napoli e dopo aver conquistato il Regno delle Due Sicilie per conto del Re di Sardegna, decretò dal balcone di Palazzo Doria D’Angri l’annessione, nella piazza che poi prese il nome dalla storica data. Fu l’inizio, secondo gli storici revisionisti del Risorgimento, del decadimento di Napoli come capitale e metropoli europea, seguito 160 anni dopo esatti dall’ennesimo colpo di grazia inferto all’economia e al tessuto sociale partenopeo: la pandemia da SarsCov2, il covid19, nel 2020. Luogo più simbolico non poteva essere scelto dal “Consorzio Imprese e Professioni di Toledo e Spaccanapoli” e dai ristoratori ancora chiusi, perché privi di spazi all’aperto, per il piccolo flash mob di lunedì 3 maggio.
Un sit-in che ha visto tutta la rabbia, lo sconcerto e la disperazione palpabile di questi esercenti, costretti ancora una volta ad aspettare, a tenere tutto fermo, vuoto come i piatti e i tre tavoli portati in piazza, apparecchiati ma senza commensali, senza portate, senza conto. L’unico, salato, è quello che stanno pagando da 14 mesi i titolari di taverne, osterie, trattorie, i piccoli ristoranti dei vicoli e delle traverse del centro storico Patrimonio dell’Umanità riconosciuto dall’Unesco. Senza incassi perché fermi, coi dipendenti in attesa di cassa integrazione ma con tutti i costi fissi, le bollette, utenze luce e gas, acqua e ovviamente i fitti da pagare.
C’è chi sta toccando i risparmi di una vita come Gino De Pompeis, titolare di Trattoria Nannì, “che però non sono eterni e prima o poi finiranno anche quelli”, ha ricordato in piazza insieme al padre chef Francesco e al fratello Vincenzo. Qualcun altro si è rivolto alle banche per andare avanti come Domenico Iuliucci di “Biancomangiare Cucina e Cantina”, chi invece con 1893 € di ristori “umilianti” non è riuscito nemmeno a coprire il costo del canone di locazione come Giuseppina Aiese della Taverna del Buongustaio. E c’è purtroppo anche chi ha chiuso definitivamente, sostenevano in piazza i titolari protestanti, “motivo per cui nemmeno si è presentato magari alla manifestazione. Ma il dato di fatto è che ormai c’è rassegnazione, anche da parte di chi ha allestito due, tre tavoli all’aperto per ripartire dopo il 25 aprile, nessuno ci crede più”, ha dichiarato la Aiese, erede di un locale a conduzione familiare che in 26 anni non ha mai visto e conosciuto una situazione simile: “Nemmeno mio padre, che mi ha preceduto alla guida della Taverna del Buongustaio, ricorda una crisi del genere”.
I ristori sono stati etichettati come mancetta, elemosina, “quelli veri sono i sostegni dei governi di Germania e Australia, misure serie rispetto a quelle prese in Italia”, ha spiegato Iuliucci di “Biancomangiare” ai cronisti accorsi in piazza. E se la proposta del rigorista De Luca di consentire l’apertura serale a cena fino alle 23 – 23.30 è stata salutata come un primo passo in avanti positivo, Rosario Ferrara del “Consorzio Toledo Spaccanapoli” ha rivelato l’avvio di una petizione in Consiglio Comunale per perorare la causa delle attività ristorative ferme al palo, giacché sprovviste di spazi all’aperto: “Si tratta di una disparità di trattamento insostenibile e inaccettabile dopo un anno di pandemia, una misura iniqua per un comparto fatto di professionisti della cucina e di locali che sono gli unici a onorare la tradizione della vera gastronomia napoletana, a differenza di pub e fast food i cui assembramenti, tra giovani e rider, sono sotto gli occhi di tutti al centro storico, seppur tollerati”.
“Abbiamo rispettato tutte le regole e i protocolli sanitari, non chiediamo di tornare a un numero di coperti di inizio 2020 o fine 2019, ovviamente, ma almeno fateci lavorare in sicurezza come abbiamo fatto dalla riapertura del 21 maggio 2020 fino a ottobre dell’anno scorso”, ha domandato a più riprese Luigi De Pompeis, padre di una bimba piccola a cui in questo momento non sa che futuro assicurare.
L’assessore comunale Alessandra Clemente, venuta in piazza per sostenere le ragioni dei ristoratori manifestanti, ha ventilato la possibilità di pedonalizzare nei weekend d’estate i vicoli e le traverse in cui sorgono queste attività per consentire una ristorazione all’aperto nel pieno rispetto delle normative: “Già è stato avviato un tavolo di concerto coi colleghi Gaudini e Galiero e soprattutto con le municipalità”, ha chiosato poi a fine incontro.