Da tre anni consecutivi in cinquina ai David di Donatello, Barbara Ronchi ne ha vinto solo uno e alla prima nomination per il film Settembre nel 2023, e sebbene anche quest’anno non si sia ripetuta agli Oscar italiani, si è rifatta al Magna Graecia Film Festival 2025 di Soverato e al premio Cinearti La Chioma di Berenice 2025, alla Casa del Cinema di Roma a Villa Borghese.
L’attrice romana, che Forbes ha inserito nella classifica delle 100 donne italiane di successo, si era fatta notare anche due anni fa nell’ultimo film di Marco Bellocchio, passato al Festival di Cannes 2023: Rapito.
BARBARA RONCHI NEL FILM DI MARCO BELLOCCHIO

Bellocchio non ha mai avuto timore di colpire dove fa più male. Con Rapito torna a puntare il dito contro l’intreccio tra potere, religione e ideologia, portando sullo schermo una delle vicende più controverse dell’Ottocento italiano: il caso di Edgardo Mortara.
La storia al centro del film ebbe un’eco internazionale straordinaria ai suoi tempi, al punto da scuotere l’opinione pubblica europea e americana come non accadeva dai tempi della Riforma protestante.
Satira, articoli, manifesti: l’indignazione attraversò l’Atlantico, trasformando il piccolo Edgardo in un simbolo della lotta contro l’autoritarismo della Chiesa.
UN CASO DI CRONACA

Il fatto è noto: nel 1858, su ordine diretto di Papa Pio IX, un bambino ebreo di Bologna venne sottratto alla sua famiglia.
Aveva ricevuto il battesimo in segreto da una domestica quando si pensava fosse in punto di morte; per la Chiesa questo bastava a considerarlo cristiano.
Da lì, la decisione irrevocabile: Edgardo doveva andare a Roma, per crescere in ambienti ecclesiastici e diventare sacerdote.
Bellocchio mette in scena questo evento con la forza narrativa che gli è propria, mescolando rigore storico e tensione morale.
La scena del rapimento, asciutta e dolorosa, richiama sinistramente i rastrellamenti antisemiti che avrebbero segnato l’Europa nei secoli successivi.
I genitori combatterono fino all’ultimo per riavere il figlio, ma né la protesta pubblica né i cambiamenti politici – l’annessione della Romagna al Regno d’Italia, la presa di Porta Pia – riuscirono a spezzare il giogo del potere papale.
LA MADRE DEL BAMBINO, BARBARA RONCHI

Edgardo, ormai adulto, rientrò solo per assistere alla morte della madre. È in questa scena che il film raggiunge il suo apice emotivo e simbolico: il figlio tentò di battezzarla, di “salvarla” convertendola, ma la donna –una straordinaria e intensa Barbara Ronchi – lo respinse con un ultimo atto di dignità.
Il volto della Ronchi fiero e doloroso rimane impresso ben oltre i titoli di coda.
J’ACCUSE CONTRO LA CHIESA CATTOLICA
Con Rapito, Bellocchio costruisce un j’accuse potente contro il fanatismo religioso e la violenza psicologica esercitata in nome della fede.
Il regista inquadra lo Stato Pontificio non solo come un anacronismo politico, ma come una macchina oppressiva, sostenuta artificialmente dalle potenze cattoliche dell’epoca – Francia e Austria-Ungheria – in un contesto europeo ormai in fermento.
La Spagna era già fuori dal gioco delle potenze e lo Stato della Chiesa appariva sempre più come un corpo estraneo destinato al tracollo.