“Dignità Autonome di Prostuzione“, il fortunato format corale ideato da Luciano Melchionna, è tornato e lo ha fatto in una location del tutto atipica, che è riuscita a rendere lo spettacolo, per quanto difficile fosse, ancora più affascinante.
Se prima, infatti, era il teatro a trasformarsi in bordello, stavolta è il suggestivo scenario di Castel Sant’Elmo, con le sue segrete, le chiese sconsacrate e gli angoli più bui della Piazza D’Armi, a offrire agli insaziabili voluttuosi dell’arte alcove nascoste dove soddisfare i propri “appetiti culturali”. E il pubblico, carico dei suoi dollarini, torna a sognare, a vibrare, a godere sentendosi parte attiva dello spettacolo/gioco della seduzione.
Come da prassi, infatti, gli artisti si danno al miglior offerente, regalandogli uno spettacolo privato, in cui mettono a nudo se stessi e i loro personaggi, così come i loro autori, e raggiungendo con gli spettatori un livello di intimità profonda e conturbante, in modo che non ci siano più inibizioni tra l’opera e il suo creatore, tra l’opera e il suo interprete, ma soprattutto tra l’opera e il suo fruitore.
I brani, come le interpretazioni, si assaporano lentamente. Impossibile sfuggire allo sguardo dell’artista e che penetra il pubblico, che ammaliato si lascia guidare come da un amante sapiente. Un pubblico che presto o tardi si abbandona, totalmente coinvolto in quell’intimità che sfocia in un “finale orgiastico”, fatto di libertà, irriverenza, rock, folklore, passione e dignità.
Melchionna e le sue “prostitute”si divertono e divertono. Lo fanno spudoratamente, con un’orchestrale ode al piacere dell’arte, di fronte al quale non si può restare indifferenti.
foto di Anna Abet
