Le eccellenze nazionali del piede franco hanno fatto visita a quelle campane nella cornice dell’enoteca e panetteria di Stefano Pagliuca a Melito di Napoli (NA).
Dopo un convegno di presentazione delle sue attività alla Reggia di Portici (NA), il Comitato italiano per la tutela del piede franco ha fatto tappa nell’hinterland partenopeo dalle creazioni lievitate di Pagliuca, circondate dalle etichette di una enopanetteria di tutto rispetto e di gran pregio.
LA PRESIDENZA
Presieduto dal comasco Silvano Ceolin, il Comitato diventerà presto una vera e propria associazione, come anticipato dalla sua vicepresidente Adele Munaretto, divulgatrice enogastronomica e sommelier.
IL COMITATO ITALIANO PER LA TUTELA DEL PIEDE FRANCO
“Un’associazione di produttori coadiuvata da enologi e sommelier”, sottolinea la Munaretto.
“La Campania è fondamentale per il piede franco coi suoi terreni sabbiosi e la cultura millenaria della qualità del buon vino”, ha dichiarato il delegato Campania Cosimo Orlacchio nel corso della serata del 23 settembre scorso, svoltasi dal maestro dei lievitati Pagliuca.
LA TERRA DEI VULCANI
Spaziando dalla caldera dei Campi Flegrei al Vesuvio, dal vulcano spento di Roccamonfina nell’aversano (CE) fino ad Ischia, i terreni vulcanici sono senz’altro la carta vincente di queste uve più aromatiche.
La resilienza nei confronti dei cambiamenti climatici in atto e l’adozione di un minor numero di trattamenti dovrebbero essere poi un motivo in più per tutelarli, farli rinascere e promuoverli in Italia, al netto di qualsiasi intervento contenitivo della Fillossera.
LA FILLOSSERA
Il patogeno americano che nell’800 sterminò quasi tutte le viti europee con le loro radici ben più fragili di quelle americane, soprannominato non a caso “la bete”, “la bestia” dai francesi particolarmente colpiti dall’insetto nei loro vigneti, non attecchì lì dove la mineralità argillosa, della sabbia o dei terreni soggetti ad eruzioni passate regna incontrastata.
LA CAMPANIA
“Noi, già ombelico d’Europa e del Mediterraneo per quel che concerne la viticoltura fin dagli antichi greci, che portarono la vite nel Sud Italia dopo che i Fenici avevano fatto lo stesso in Medio Oriente partendo dal Caucaso, oggi ci troviamo a giocare un ruolo chiave e decisivo al Mezzogiorno e in Campania”, ha aggiunto poi Orlacchio.
IL PATOGENO
Una bevanda come il vino, già concepita come piacere dai Romani e celebrata ormai ufficialmente come tale nella civiltà europea dal 1863, tra la musica, la lirica e la letteratura (Mozart, Verdi, Mascagni), ricevette un tremendo colpo con l’arrivo della Fillossera dalle Americhe.
Napoli ne fu risparmiata almeno fino al 1930, a differenza dei cugini d’Oltralpe nel Gand in particolare, dove l’estirpazione delle viti ricoperte di galle piene di parassiti fu uno shock collettivo e la viticoltura azzerata, rasa al suolo nel giro di 5 anni.
IL PORTAINNESTO AMERICANO
Solo la scoperta del portainnesto sulle più forti radici americane consentì di ripartire con la vinificazione nel Vecchio Continente, ed è per questo motivo che oggi esso risulta particolarmente incoraggiato e sostenuto nella normativa attraverso le sovvenzioni, a differenza del piede franco, quello libero da innesti.
UN DISCIPLINARE
Per tale ragione si punta oggi a un disciplinare, a un protocollo del piede franco con tanto di bollino, nel segno della storicità e della difesa della tradizione prefillossera. Perché come ricorda il presidente Ceolin, il vino è sì 5 sensi (tatto per la bottiglia, udito per lo stappo, olfatto per i profumi, vista per l’etichetta e gusto per sapori e aromi), ma anche sentimento.
I VINI DELLA SERATA
Se questi vini “parlano” e hanno molto da dire e raccontare, la conferma viene anche dalla degustazione “narrata” e dagli abbinamenti ai tranci di pizza in teglia alle zucchine, al pomodoro e con le patate, offerte dal mastro fornaio Stefano Pagliuca.
LE MARCHE
Il Piccà Pecorino, uno spumante Terra Divina dalla storia centenaria (perciò a piede franco), rifermentato metodo selvaggio dell’Azienda Agricola Agriarquata nelle Marche, annata 2021, cresce ormai tra le rovine del terremoto e le casette post sisma e possiede un carattere quasi ancestrale, romantico.
L’EMILIA ROMAGNA
Le Ghiarelle è un Lambrusco frizzante ancestrale di Poderi Fiorini, annata 2016, vero superstite tra i Lambruschi a piede franco in Emilia Romagna, prodotto da enologi e agronomi a Savignano sul Panaro, un fiume.
IL TRENTINO
Il 1865 Enantio, riserva annata 2019 e presidio Slow Food della Cantina Roeno in Trentino Alto Adige (membro del Consorzio Trento DOC), nasce da un vitigno autoctono prefillossera e possiede una nota verde, balsamica, con un tannino domato. Affinamento 24 mesi in legno per poi passare all’acciaio e alla bottiglia, esso beneficia delle acque del fiume Adige, con la vite che cresce sui terreni sabbiosi della Val D’Adige, tra gli ex fortini della Prima Guerra Mondiale. “L’Enantio era già apprezzato da Plinio il Vecchio“, ha rivelato Ceolin.
LA SARDEGNA

Il Carignano del Sulcis è invece un vino biologico, annata 2019, della Tenuta La Sabbiosa in Sardegna (isola in cui la Fillossera non arrivò mai), cantine che producono ogni bottiglia a partire da una singola pianta, con affinamento nel solo acciaio a temperatura controllata, ottimo per accompagnare le carni.
LA TOSCANA
Spazi anche per il Tempranillo prefillossera BeconciniWines della Vigna Le Nicchie di Pietro Beconcini, direttamente dalla Toscana, un vino centenario IGT, annata 2018, la cui pianta madre affonda le radici in un terreno rigorosamente a piede franco, servito a 14 gradi e mezzo.
LA CAMPANIA
Il blind test conclusivo, prima dell’assaggio del Mosaico di Procida a cura del sommelier Gaetano Cataldo (che lo definisce un vero e proprio “arazzo liquido”, in quanto blend IGT da uve a bacca bianca campane, annata 2020, creato appositamente per l’ex Capitale della Cultura Italiana 2022), ha rivelato un’ottima e sorprendente Falanghina dell’azienda flegrea Il Quarto Miglio, annata 2018, un vitigno che del resto è quasi tutto a piede franco nella nostra regione.



