Pulcinella aveva una fame disordinata ed ingorda e la ricerca del cibo è perpetua, un pensiero dominante nelle sue giornate portando anche ad assumere il cibo nelle maniere più scorrette e senza educazione a tavola, una fame fisiologica effetto di indigenza e sottoalimentazione.
Pulcinella, come tutte le maschere rappresenta la storia ed il carattere partenopeo napoletano e Totò era in simbiosi con tale realtà fin da piccolo e come anche Pinocchio di Collodi, era sempre affamato, di una fame assillante che và a braccetto con la povertà che naturalmente notiamo in tutti i suoi film.
Come Pulcinella e come Pinocchio, Totò era erede e fratello di tali maschere e dei burattini della antica tradizione italiana. La fame lo assillava ed è protagonista nella maggior parte de i suoi film più famosi, che spesso ripropongono il suo repertorio, con evidenti collegamenti tra il teatro dei burattini, la Commedia dell’Arte e Pinocchio.
Si disse che con lui se ne andava l’ultima maschera della commedia dell’arte italiana.
Il legame molto forte tra Totò ed il cibo, tra il suo linguaggio e la gastronomia, è testimoniato dal libro ‘’ Fegato qua, fegato là, fegato fritto e baccalà’’ di Liliana De Curtis e Matilde Amorosi, ricco di ricette e battute della sua famiglia estrapolate dai suoi numerosi film.
Tutto cominciò sotto l’influenza della cucina e dei profumi che c’erano nella cucina di sua madre Anna Clemente e della nonna paterna, ottime cuoche amanti della cucina tradizionale napoletana.
Totò durante il periodo di gavetta aveva patito molto la fame e questo lo portava come il Pulcinella ad avere quasi un’ossessione per il cibo da non dormire la notte.
Amava mangiare e aveva il culto della buona tavola e personalmente adorava sperimentare e creare delle semplici ricette, con piatti saporitissimi per la gioia del suo palato, dei suoi familiari e dei suoi carissimi amici.
Era un ottimo chef, che cucinava in modo delizioso ed Il suo credo era: “A tavola si capisce chi sei e con chi hai a che fare’’
Ogni cibo andava curato nella sua semplicità e freschezza, come il mangiare pane ed olio, con ingredienti che dovevano essere di prima scelta, profumati e consumati ad una tavola bene apparecchiata, perché Totò diceva che secondo lui, l’occhio e lo stomaco avevano uguali diritti.
Totò, nacque nel Rione Sanità, un quartiere popolare di Napoli, da una relazione clandestina fra la madre Anna Clemente ed il marchese Giuseppe de Curtis, che lo riconoscerà solo nel 1937 .
La madre desiderava che dopo gli studi abbracciasse la vita ecclesiastica, ma Totò all’età di 15 anni già si esibiva nei teatrini di periferia con altri giovanissimi attori come Eduardo De Filippo.
Molti sono i film come anche il suo teatro dove Totò ci ha portato con sé a tavola, in cucina con la famiglia riunita, luogo di profonda convivialità delle famiglei napoletane, l’ambiente che secondo la Psicanalisi rappresenta l’inconscio più vicino agli istinti.
Citiamo alcuni film con riferimenti al cibo come: all’’Oro di Napoli’’ dove interpreta il Pazzariello, in Guardia e ladri con la cena con Aldo Fabrizi e gli spaghetti; il film “Totò sceicco”di cibo e bevande
e maccheroni alla napoletana e tante altre pietanze; ppure in “Un turco napoletano” e in tanti altri come “Totò, Peppino e i fuorilegge” (il pranzo alla romana) o “Totò, Fabrizi e i giovani d’oggi” con il pranzo del fidanzamento ufficiale; in “Napoli milionaria” di E. De Filippo si prepara la cena tirando fuori la carne e il contorno da una lunga pagnotta con un realismo davvero grottesco; la scena di “Totò, Peppino e la malafemmina” in cui i fratelli Caponi giunti a Milano tirano fuori dalla valigia ogni ben di Dio: galline, caciotte, spaghetti, cipolle ecc. per preparare il pranzo.
E infine ‘’Miseria e nobiltà’’ opera di Scarpetta, dove Totò è sotto i panni di Felice Sciosciammocca, misero scrivano pubblico, in cui uno dei personaggi chiave è un cuoco, cibo e fame è onnipresente ed un paltò di Napoleonecon il suo lungo e rituale elenco di cibarie.
Un’opera dove l’amore trionfa ma si parla di miseria e pance vuote e tutto il gusto degli Spaghetti, i veri protagonisti del film, una scena esilarante che si svolge in una umile e povera stanza, dove si presenta un cuoco in livrea che imbandisce una tavola con un pasto luculliano, davanti allo stupore dei commensali.
Totò insieme alla compagnia, vedendo una zuppiera colma di spaghetti, restano tutti ammaliati e si tuffano sulla tavola. Afferrano gli spaghetti con le mani e si abbuffano mentre Totò balla sul tavolo e mangia, un’allegria frenetica da infilare addirittura la pasta nelle tasche.
Gli Spaghetti che Totò adorava, figli della tradizione gastronomica italiana, entrano di prepotenza in questa pellicola anni 50, che renderà questa immagine magicamente famosa in tutto il mondo, dove il sogno del Cibo diventa realtà e dove la Tavola regala convivialità, una profonda relazione di condivisione.
Le persone a tavola si trovano sedute una di fronte all’altra con il proprio volto ed insieme condividono la propria vita, una coesistenza pacifica.
Mangiare è più di Nutrirsi….è uno stabilire una relazione con se stessi, con gli altri e con gli alimenti, che ci riportano a una solidarietà cosmica con un interessante valore terapeutico
9 Settembre
di P.Zinno