L’otoro è la parte più pregiata della ventresca di tonno o il salmone Ora King, ma anche il nome del locale Otoro 81 a Napoli: uno spazio nel salotto buono della città, in un ambiente elegante, raffinato accogliente e ben organizzato.
I PREMI
La terrazza immersa nel verde a Chiaia è dedicata alla cucina fusion di Ignacio Hidemasa Ito, maestro tra i più bravi in Italia, cui sono andati mesi fa il premio speciale I Maestri del Sushi e le Tre Bacchette Gambero Rosso nella Guida Sushi 2025: mai uguale a se stesso negli anni, oggi è a un livello di maturità gastronomica senza paragoni.
La ricerca del boccone perfetto è stato il fil rouge di una speciale degustazione cui abbiamo preso parte e che oggi vi raccontiamo. Per lo chef nippo brasiliano, napoletano d’adozione, la cucina è una continua sperimentazione e ricerca e la perfezione è una bellissima utopia.
IL BOCCONE PERFETTO
Prima però occorre spendere due parole sull’incantevole struttura di Magnolia Napoli in cui è incastonato Otoro 81, dotata di sala fine dining, spa, area mixology. Il cocktail di benvenuto a base di anguria, fresco e dissetante, apre una serie di paring notevole.
I COCKTAIL
Il Margaritcha, crasi di Margarita con Thè Matcha, e a base di Yuzu, Cointreau e Tequila, è perfetto abbinato ai Chicarron con germogli di soia, o con la ventresca con Kaibashira, cavolo nero, caviale e pepe Sansho, il suo cavallo di battaglia, must e boccone perfetto sopraccitato. Servito con un palla di ghiaccio, il cocktail accompagna bene anche il Tiradito con pescato locale e i mitici Ravioli Wagyu.
Il Chicken Thigh, pollo alla piastra, si sposa egregiamente invece con un Bloody Dashu a base di acqua di pomodorino giallo del Vesuvio, gin infuso al miso e Dashi.
NIGIRI
Per i Nigiri Umamijime e di sgombro marinato in aceto di zenzero il cocktail River Pepper con Mezcal, peperoncino verde, ananas, Yuzu e tabasco si traduce in un’autentica osmosi di frutta e verdura, con una nota che richiama la terra.
Nel Nigiri poi l’alga assorbe il sakè, donando un effetto sapore affumicato. Il Sakamuchi con verdure chiama il cocktail Pennicillin 81, a base di Falernum home made, Yuzu, Lagavulin, zenzero e miele.
LA FILOSOFIA DI CHEF ITO DA OTORO 81
Il cibo – si sa – riflette la Storia, e nello specifico, la cucina Nikkei porta il ricordo della diaspora giapponese di fine Ottocento e di una seconda immigrazione di massa dopo la Seconda Guerra Mondiale verso il Sudamerica.
Anche se si pensa alla cucina peruviana, che è la più conosciuta, in realtà Nikkeijin significa emigrati giapponesi in terre straniere.
E in particolare la cucina di Ignacio riporta alla sua terra d’origine: il Brasile, dove il crossover tra le due culture ha dato vita a piatti come ceviche, tiradito, temaki e uramaki.
La cucina nostrana si fa sentire con ingredienti come friarielli, puntarelle e carciofi, in cui lo chef ricerca soprattutto l’amaro, un gusto che in Italia è stato sviluppato più che in altre cucine e che si contrappone all’acre della cucina orientale, per creare equilibrio.
Importante l’uso del pescato locale: scorfani, coccio, triglia, merluzzo e palamita, mentre la filosofia è quella Kaiseki, la cucina dell’imperatore, che guida la preparazione, ponendo al centro l’estetica, la stagionalità e la capacità di esaltare ogni ingrediente.
FUSION, una fusione di elementi, ingredienti, storie e filosofie
A questo proposito, Ignacio commenta: “La stessa cucina nipponica è frutto di contaminazioni stratificate, grazie alla storica capacità di replicare e reinterpretare le pietanze. Ad esempio, il Yakinikunasce dalla grigliata coreana, il Gyoza di origine cinese e la tempura si ispirano alla cucina portoghese. Tutto si può reinterpretare, ma alla base c’è sempre la scelta del pescato, la qualità del riso e la croccantezza dell’alga; tutto il resto è adattamento al contesto e sensibilità nell’interpretare i desideri del cliente.”
LA CARNE KOBE
Chi crede che la cucina di Tokyo e dintorni sia solo crudo, si sbaglia. Con la carne si apre un altro capitolo della sua gastronomia, che per secoli è stata influenzata dallo Shintoismo e dal Buddismo, e quindi principalmente vegetariana.
Solo con la revoca del divieto di consumo della carne della Restaurazione Meiji, la famosa carne di Kobe è entrata a far parte dell’alimentazione del paese dell’Estremo Oriente. Scientifico anche nelle quantità, Ignacio consiglia un massimo di 50 grammi per apprezzarla al meglio.
La pregiata Kobe si cucina alla robata, una griglia molto elaborata di origine giapponese. A conferma della grande varietà della cucina del Sol Levante, non mancano piatti di carne: tartare di fassona cruda su ossobuco con salsa orientale, ribs con metodo giapponese, buta no kakuni, “secreto” iberico e gyoza di wagyu.







