A 21 anni di distanza dal film che impose il regista italo-turco Ferzan Ozpetek all’attenzione del grande pubblico italiano, tornano “Le fate ignoranti”, in versione serie tv stavolta, disponibile dal 13 aprile su Disney Plus.
L’attesa era grande e il cast ventilato prometteva bene, come a ogni nuova pellicola di Ozpetek del resto. A ereditare i ruoli di Antonia e Michele, rispettivamente la giovane vedova e l’amante del marito scomparso – interpretati all’epoca da Margherita Buy e da Stefano Accorsi -, è toccato a Cristiana Capotondi e a Eduardo Scarpetta.
Unica interprete presente sia nel film che nella serie è Serra Yilmaz, attrice feticcio di Ferzan, mentre riceve più spazio e scavo psicologico il personaggio del marito defunto, interpretato nel 2001 in pochissime scene da Andrea Renzi, qui sostituito da Luca Argentero, già reduce di “Saturno Contro” con Ozpetek.
Ed è proprio da quest’ultimo film che sembra uscita invece la cartomante lesbica e appassionata di astrologia ritratta da Ambra Angiolini.
Non si contano insomma personaggi e tavolate, pranzi, cene e feste in terrazza con vista Gazometro, vero topos cinematografico ozpetekiano, eppure già a metà stagione (otto puntate in tutto della durata di 45-50 minuti ciascuna) si avverte qualche incertezza.
Sarà per il confronto inevitabile col film originale, o per l’assenza dell’elemento vagamente da “thriller” dell’anima che avvinceva e appassionava lo spettatore di 20 anni fa, ma queste “Fate ignoranti” stanno un po’ “larghe” sul piccolo schermo, e magari otto episodi sono anche troppi.
Se è interessante l’approfondimento iniziale del rapporto tra Massimo e Michele, col famoso incontro in libreria davanti all’ultima copia disponibile di Hikmet, e se le piccole manie della madre di Antonia strappano un sorriso (irresistibile Carla Signoris nel ruolo che fu di Erika Banc), si sente che c’è qualcosa che non va.
In vent’anni molte cose sono cambiate (per fortuna), come l’arrivo delle unioni civili, ma non si parla più di AIDS (purtroppo, e manca infatti il personaggio sieropositivo che fu di Gabriel Garko) e l’omofobia ricorda ancora quanta strada ci sia da fare in Italia sul fronte normativo.
La rappresentazione dell’omosessualità ozpetekiana resta sempre uguale e fedele a sé stessa, e forse aver dissipato dubbi e svelato alcuni segreti rimasti irrisolti ha tolto un po’ di magia a quel piccolo classico di inizio millennio che fu “Le fate ignoranti”.