Sorrentino ha vinto come miglior film col suo Parthenope ai XXVI Premi internazionali Cinearti La Chiome di Berenice, condotti dal giornalista tv RAI Tommaso Giuntella e da Carolina Rey alla Casa del Cinema di Roma di Villa Borghese il 14 luglio 2025, ma è Salvatores il miglior regista per la giuria con Napoli New York. Mediterraneo batte idealmente La grande bellezza, per rimanere in tema Oscar dei due registi vincitori del massimo riconoscimento internazionale ai film stranieri.
I DUE PICCOLI GRANDI INTERPRETI
A Napoli tutti recitano, come sosteneva Eduardo, e i bambini certe volte riescono a superare anche i colleghi più grandi e maturi d’età.
Antonio Guerra, che interpreta lo scugnizzo Carmine, ha quasi gli stessi occhi e il piglio del bambino che diventava poi da grande Robert De Niro in C’era una volta in America di Sergio Leone (e l’associazione con lo sfondo del ponte di Brooklyn si rafforza ulteriormente una volta che i due piccoli napoletani giungono a New York).
Dea Lanzaro nei panni di Celestina è di una tenerezza sconfinata coi suoi occhi tristi, capaci però di brillare in un battito di ciglia subito dopo (come dimostrò già in una puntata di Mare Fuori). Spigliata e vivace, la bambina riemerge a inizio film da uno di quei crolli post bellici che si registrano a Napoli subito dopo la partenza degli Alleati.
LA NAPOLI DEL DOPOGUERRA
Siamo nel 1949 e la città patisce ancora gli effetti devastanti della guerra e la fame. Così un po’ per caso, per gioco o per fortuna, complice un recupero crediti dal cuoco afroamericano di bordo, i due orfanelli finiscono sulla nave diretta dal porto di Napoli a quello della Grande Mela.
Sul ponte li scopre Pierfrancesco Favino, commissario di bordo italiano quasi trapiantato negli Stati Uniti, a suo agio con la parlata napoletana, ma decisamente in imbarazzo col capitano ubriaco della nave (Tomas Arana, reso famoso dal primo Gladiatore) per aver omesso controlli più accurati sui clandestini sottocoperta.
LA TRAVERSATA NAPOLI NEW YORK

Alla fine li aiuta a superare anche i controlli di Ellis Island sull’immigrazione (colpiscono i pregiudizi sociali di allora sugli italiani, Where are you from, Africa?), e a scoprire la verità sulla sorella di Celestina emigrata anni prima in cerca d’amore e di fortuna.
E forse regala loro anche l’opportunità di avere una famiglia, col finale apertissimo al tavolo da gioco, prima dei titoli di coda.
IL SOGGETTO DI PINELLI E FELLINI
Gabriele Salvatores recupera un vecchio soggetto di Tullio Pinelli e Federico Fellini, grazie anche al lavoro di ricerca dello storico del Cinema Augusto Sainati, professore ordinario di Storia del Cinema all’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, e confeziona un’ottima pellicola.
Il regista napoletano è sempre una garanzia, ancor di più quando dirige i piccoli dietro la macchina da presa, e Io non ho paura ne fu la prova.
RICOSTRUZIONE E CAMEI IN NAPOLI NEW YORK
Notevole la ricostruzione d’epoca, dai costumi al set decoration coi prodotti italiani di fine anni’ 40, così come salda e sicura la sua regia tra i due continenti, senza sbavature oltreoceano.
Fa piacere ritrovare tra le strade della Little Italy di metà Novecento Peppe Romano, attore di teatro e talvolta anche in tv nella soap UPAS – Un Posto al Sole: qui è un poliziotto ormai integrato nel tessuto italoamericano ma fiero delle sue origini casertane.



