
Parthenope di Paolo Sorrentino ha vinto come miglior film il 14 luglio 2025 al XXVI Premio internazionale Cinearti La Chioma di Berenice a Roma: 3 le statuette complessive (incluse quelle alla migliore arredatrice Iole Autero e allo scenografo Carmine Guarino) dopo il fiasco ai David di Donatello di quest’anno, dove era rimasto completamente a bocca asciutta nell’edizione delle donne registe premiate.
RISCATTO DI SORRENTINO DOPO I DAVID DI DONATELLO
Piccolo risarcimento per il regista napoletano premio Oscar, il quale aprirà il prossimo Festival di Venezia con una nuova pellicola che va ad aggiungersi alla sua già nutrita filmografia, e di nuovo con Toni Servillo, suo affezionato attore feticcio.
I PREMI CINEARTI LA CHIOMA DI BERENICE, XXVI EDIZIONE

Il premio, istituito nel 1998 dalla CNA, è un “riconoscimento e omaggio alla cinematografia italiana e alle professionalità artistiche ed artigianali che caratterizzano ogni produzione”, nato con l’obiettivo di portare alla ribalta i mestieri autenticamente artigiani il cui ruolo fondamentale nella realizzazione di un film e/o di una serie televisiva, raramente viene riconosciuto e valorizzato.
Conduzione della serata affidata al giornalista tv RAI Tommaso Giuntella e a Carolina Rey alla Casa del Cinema di Roma a Villa Borghese.
In concorso al Festival di Cannes 2024, Parthenope non rappresenta ovviamente il primo confronto di Sorrentino con Napoli (l’aveva già fatto col suo esordio L’uomo in più e con È stata la mano di Dio), e nemmeno con alcuni degli attori del cast, anche stranieri, ma è sicuramente la prima pellicola che segue una storia tutta femminile.
L’INCIPIT

A dispetto del titolo di questo lungometraggio e del nome dato alla bimba a inizio film, Parthenope non è una creatura mitologica, bensì fatta di carne, pensieri e di una bellezza travolgente.
Folgorante l’incipit nelle acque del Golfo di Napoli con la carrozza giunta direttamente da Versailles per l’armatore Achille Lauro: un regalo che sa di culla regale per la fanciulla.
Parthenope nasce nel mare come Venere/Afrodite, cresce in fretta e appare subito come un sogno, avvolta in un lenzuolo come un’ancella o una menade, e talvolta ricorda la Lolita di Kubrick, quando legge sulla terrazza di Posillipo.
La vediamo infatti subito diciottenne iscritta all’università, alle prese col primo esame di Antropologia e col suo futuro relatore di tesi, il professore interpretato da Silvio Orlando, magnifico quando recita in sottrazione.
UNA NAPOLETANA INTERPRETATA DA UNA MILANESE

Parthenope ha sempre la risposta pronta, la battuta giusta, è sfrontata, ribelle e anche un po’ spavalda, e possiede una femminilità moderna, in anticipo sui tempi, perché consapevole, emancipata ed estremamente curiosa.
Intensa e dolente l’attrice milanese che le dà l’acqua della vita nel film, Celeste Dalla Porta, prima della magistrale Stefania Sandrelli nel finale.
Una donna forte e di spessore, dalla grande personalità, che forse ragiona da uomo grazie alla penna che le ha dato forma nella sceneggiatura.
Sorrentino l’ha ritratta come con uno dei suoi tanti personaggi maschili fin dalla prima inquadratura, e Parthenope potrebbe essere benissimo una sorella, cugina o figlia di Jep Gambardella: a modo suo, una nuova grande bellezza.
LA GRANDE BELLEZZA DI PARTHENOPE

La Grande Bellezza di Napoli abbaglia lo spettatore, dal mare che vibra e pulsa con le sue onde come un personaggio, ai faraglioni di Capri dove si consuma l’evento tragico che influenza la vicenda umana della ragazza.
A buttarsi in mare per la disperazione nel mito era la sirena Parthenope, respinta da Ulisse, ma qui a disperarsi è il fragile fratello della ragazza, forse innamorato di lei come l’amico. Del resto Era già tutto previsto, canta Riccardo Cocciante nel film.
Tutti vogliono un pezzo di questa “ninfa plebea” (per citare Domenico Rea), dai magnati sull’isola azzurra agli sguardi sul lungomare durante il corteo funebre fermato dai furgoncini disinfettanti anticolera, o nel corso delle passeggiate in kayak. Solo il maiuscolo premio Oscar Gary Oldman, scrittore gay attempato, rinuncerebbe a sottrarre del tempo alla sua giovinezza malinconica e pensosa.
CITAZIONI E PERSONAGGI

Insolitamente lineare rispetto al magmatismo dei suoi film più famosi, però meno compatto del precedente La Mano di Dio, Parthenope è un affascinante viaggio nella visione sorrentiniana, come sempre ricca di citazioni felliniane: le donne del cortile, lo squallore volgare, i titoli di coda con la navicella dei festeggiamenti per lo scudetto 2023, qui amplificate dall’ambientazione napoletana verace.
Estrema la scena di sesso davanti alle famiglie criminali del centro storico, quasi da performance art.
E, forse di dubbio gusto, quella nella Cappella (presunta) del Tesoro di San Gennaro indossato dalla ragazza (ovviamente falso sul suo corpo da odalisca), col cardinale Tesorone (bravissimo Peppe Lanzetta), degno della corte dei Borgia per i suoi costumi neopagani.
Superba la diva Greta Cool (una Luisa Ranieri simile alla Loren) che prende tutti a pesci in faccia sulla nave da crociera, prima di perdere la chioma e la dignità.




