La voce inconfondibile di Pino Daniele esordisce nel documentario a lui dedicato senza cantare, sussurrare o accennare una canzone. In Pino sono i momenti passati in famiglia, con gli amici e i colleghi, e i piccoli sublimi aneddoti legati a una vita di musica e per la musica a fare da cornice a questo film evento.
Il docufilm di Francesco Lettieri, che staserà sarà proiettato all’arena di San Sebastiano al Vesuvio nel parco Urbano di via Panoramica, si avvale di una guida particolare, dall’ingresso nella Fondazione Pino Daniele ETS con vista su Piazza Municipio e Castel Nuovo fino alla terrazza di San Martino al Vomero, al lungomare e ai vari angoli di Napoli filmati nel finale (e musicati con un inedito assoluto, su preziosa musicassetta d’epoca nel mangianastri).
CON VACALEBRE IN GIRO PER NAPOLI
Federico Vacalebre, giornalista del Mattino di Napoli, firma infatti insieme a Lettieri il soggetto e la sceneggiatura; la fotografia è di Salvatore Landi; alla scenografia c’è Marcella Mosca; il montaggio è di Mauro Rodella e i costumi sono a cura di Antonella Mignogna.
A spezzoni tratti da concerti, live e interviste, ai contributi offerti fuoricampo e a qualche clip musicale degli anni ’90, si alternano per alcune canzoni anche dei momenti recitati (e citati nei titoli di coda).
VIDEOCLIP GIRATI AD HOC PER PINO
Si tratta di alcune delle canzoni più iconiche di una monumentale discografia, come Chillo è nu buono guaglione, a dire di Enzo Avitabile – intercettato al Real Conservatorio di San Pietro a Majella – canzone liberatoria in tema LGBTQIA+ e in anticipo sui tempi, al netto del “peccato che è nu poco ricchione” che va contestualizzato.
O di Quanno chiove, perché chi “scinn e scale, di corsa senza guardà” era proprio una giovane prostituta le cui gambe divennero oggetto di sguardi e desiderio, come ricorda James Senese (recuperato in vecchi filmati da giovane sassofonista ruspante).
LE CANZONI POLITICHE E DI GIUSTIZIA SOCIALE
Pino Daniele era più politico di tanti colleghi nei suoi testi, senza magari ostentare, e non tanto per quella frase che gli ha alienato le simpatie della Lega Nord nella canzone ‘O scarrafone.
L’attenzione per il Sud, il brano Sicily con Eric Clapton, il già citato trans e la lucciola delle canzoni degli esordi, e quella “Napule è una carta sporca” sono manifesti politici, attacchi alla negligenza istituzionale, grido di giustizia sociale in tempi di contestazione (mica quelli di oggi, anestetizzati a distanza di 40 anni).
PINO E GLI ALTRI
La fatica di emergere e di farsi capire, di farsi amare anche da un pubblico non necessariamente meridionale, campano o partenopeo, il rapporto con Troisi e la malattia cardiaca che irrompe nel secondo tempo, sono i tasselli di un mosaico che racconta l’artista e soprattutto l’uomo nella sua quotidianità, nell’intimità coi figli.
Il matrimonio civile con la prima moglie, i filmini amatoriali con la prole che ha raccolto l’eredità della sua memoria alla Fondazione: Pino è un’autentica immersione nella vita intensa, stroncata troppo presto in quel gennaio del 2015, di un genio che ha precorso i tempi, mescolando i generi blues, soul e pop e creandone nuovi, come raccontato anche nella mostra speciale del decennale dalla sua morte a Palazzo Reale, Spiritual, visitabile negli spazi del piano terra del sito reale fino al 6 luglio 2025.
LA MOSTRA SPIRITUAL A PALAZZO REALE
Il titolo della retrospettiva si riferisce al genere musicale che più di tutti ha ispirato il cantante napoletano: il blues.
Esso possiede infatti profonde radici nella spiritualità africana e non poteva che esserci affinità tra questa tradizione e il Nero a metà in vari aspetti delle sue opere, dalla struttura musicale alle tematiche, dall’intensità timbrica fino alla magistrale capacità di improvvisazione.
Pino Daniele componeva con istintività, attraverso una costante ricerca musicale e una rigorosa disciplina sulla chitarra.
I materiali originali, molti dei quali esposti per la prima volta – come la sua partita IVA e il manuale di ginnastica per prepararsi alle faticose tournée sul palco -, hanno documentato l’intero cammino umano e professionale dell’artista, così come l’impatto profondo e trascendente della sua opera, arricchito da tante rarità in grado di accomunare il gusto di più generazioni, concesse per l’occasione dalla Fondazione Pino Daniele.
UN MOSAICO DI RICORDI
La storia di uno degli artisti più amati della musica italiana è stata raccontata attraverso un ricco mosaico di contenuti audiovisivi pubblici e privati, materiali d’autore e amatoriali, documenti inediti, oggetti personali e strumenti che lo hanno accompagnato nel suo percorso creativo.
DUE AREE TEMATICHE
La mostra, suddivisa in due aree tematiche, la prima dal 1955 al 1977 e la seconda dal 1977 al 2014, aveva come obiettivo quello di raccontare come la sua vita sia stata non solo quella di un grande performer che reinventò la musica napoletana, ma anche di un profondo innovatore e interprete dei cambiamenti musicali che hanno attraversato la nostra società per decenni, influenzando nuove generazioni di musicisti.
IL SOUND DI PINO DANIELE
L’autore di Quando, Alleria, A testa in giù, Sara, Back Home, Terra Mia e di Napule è ha saputo rendersi immortale con i suoi capolavori, attraversando confini geografici e culturali; aveva infatti inventato un nuovo sound, incastro unico tra canzone popolare, blues, jazz e dialetto – la famosa parlesia –, rappresentando uno straordinario fenomeno sociale e culturale che ha contribuito a costruire l’identità nazionale e la memoria collettiva degli italiani.
Oltre alle fotografie inedite e amatoriali della sua vita privata, gli abiti di scena degli anni ’80, i suoi strumenti, le amate chitarre, non poteva mancare la sala dove poter ascoltare la sua musica live.
Allestito anche uno spazio per sentire la registrazione inedita delle prove dei Batracomiomachia (audio originale del 1974), unica incisione esistente catturata durante una session del gruppo.



