
L’arrivo dei dazi trumpiani, ventilati alla vittoria delle ultime elezioni americane di novembre 2024 e paventati seriamente fin dal primo momento dell’insediamento alla Casa Bianca di Trump a gennaio 2025, ha generato non poco scompiglio nella grande famiglia sovranista mondiale, soprattutto sul fronte europeo.
Il sovranismo, figlio del populismo triviale e della demagogia più becera, nonché della follia nazionalista di fine ‘800 e del ‘900, contiene al suo interno delle contraddizioni grandi come un grattacielo.
O come una reggia settecentesca, a seconda che vogliamo immaginare verticale o orizzontale questa fabbrica di aporie e incoerenze.
I DAZI DELL’INCOERENZA

Come comportarsi quando il tuo modello ispiratore, il padre nobile della causa dell’Internazionale sovranista si comporta egoisticamente, colpendo il tuo stesso paese che magari governi pure (vedi l’Ungheria di Orban, l’Italia di Meloni e Salvini o l’Argentina di Milei)?
Come giustificare politiche ingiustificabili che ledono i tuoi diritti e la sana cooperazione globale?
La soluzione per i sovranisti, che mettono la faccia sulle questioni solo quando è opportuno e conveniente per loro, mentre in altre occasioni optano per le natiche (mai le proprie), è trattare.
A ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, lo insegna la Fisica di Isaac Newton, si sa, ma come puoi trattare con chi deve privilegiare sé stesso, accontentare il proprio orticello, soddisfare giardino domestico cui ha fatto innumerevoli promesse elettorali?
LA DIPLOMAZIA GEOPOLITICA ED ECONOMICA

La diplomazia dell’economia politica è un’opzione, certo, ma se fallisce, che fai, ti pieghi? Ti genufletti? Di base la sensazione è che stiamo andando proprio in quella direzione, mentre i comparti nazionali fibrillano e i settori dell’economia italiana si agitano a ridosso di importanti fiere dell’export tricolore come Vinitaly.
Nella speranza, vana, di una clemenza unilaterale degli USA che ha l’obiettivo di spaccare l’UE, perché conviene sempre il divide et impera, dalla sponda Ovest dell’Atlantico fino agli Urali, dove chi invade paesi, poi li accusa di essere invasori e provocatori (giochino russo che fu lo stesso del baffetto del secolo scorso in Polonia).
I DAZI IN FAMIGLIA E NEI RAPPORTI

Ma al di là dei fondamentali macroeconomici, la politica dei dazi e dei sovranisti con la faccia come certe parti anatomiche basse, pelviche prima citate, ricorda quelle delle grandi famiglie chiuse in sé stesse.
Ai limiti della setta religiosa integralista e fondamentalista, della tribù preistorica, del clan e del branco, talvolta gregge. Chi sbaglia, come The Donald, va sempre giustificato, capito, compreso o minimizzato, derubricato a folklore.
LA COLPA ALTROVE, SEMPRE
Sono gli altri ipersensibili, altrove è il colpevole, come sostiene sempre Budapest, additando la Commisisone europea (Ursula avrà i suoi difetti, per carità, ma non ha iniziato guerre commerciali).
Se sollevi problemi contro l’ideologia imperante, contro la “monarchia” e contro le api regine degli alveari affiatati, sei scomodo, dai fastidio, appari pesante e polemico: il solito comunista, quando gli unici rimasti forse si stanno in realtà estinguendo come i panda, tipo Rizzo e gli ultimi profughi dispersi della diaspora di Rifondazione di più di 10 anni fa.
MAI CONTRADDIRE, PAGARE DAZI SEMPRE

Un parente o un amico sbaglia? Si esprime come non dovrebbe o si comporta in maniera non proprio eccellente? L’estraneo, il forestiero, lo straniero che non si adegua, che pensa diversamente, che diverge dal pensiero unico e dalla linea “politica” principale, commette errore fatale nel farlo notare.
Meglio stare zitti, conviene adeguarsi ai dazi del frasario improvvido e infelice, è preferibile non aprire dibattito, risulta auspicabile non commentare, desiderabile tacere e far finta di niente. Ciechi e sordi, a costo di snaturarsi.
PRIMA LA FAMIGLIA!

La famiglia, e specialmente il familismo tossico italiano, non perdona tensioni al suo interno, bisogna restare tutti uniti, mai criticare nessuno.
Un po’ come in Unione Sovietica, nella vecchia DDR tedesca, nell’ex blocco dell’Europa orientale oltre la Cortina di ferro, e al pari dell’antico e multietnico Impero asburgico, poi austro-ungarico, dove i figli più ribelli e riottosi o se ne andavano (gli italiani); o venivano assorbiti nella gestione (gli ungheresi); oppure rappresentavano l’eterna spina nel fianco (gli slavi, specialmente quelli del Sud nei Balcani).
Il terrore di perdere province e terre ereditarie, conquistate o strappate a caro prezzo, è simile a quello di vedere profilarsi allontanamenti e prese di coscienza, a fronte dell’ipocrisia dominante (vedi il film Perfetti sconosciuti).
CHE TORNINO I DRAGHI COI WHATEVER IT TAKES
L’auspicio, tornando ai temi della Macroeconomia, è che contro i dazi demenziali dei sentimenti che offuscano i giudizi, oltre alla dovuta e doverosa risposta coi dazi della Ragione, si faccia tesoro del vecchio mantra di Dario Draghi, a proposito di tutto il necessario per salvare i rapporti sani e preservarli da ingerenze “sovraniste”: Whatever it takes, fare qualunque cosa richieda il momento.




