“Ovunque mi volti vedo persone di ogni età, rango sociale e istruzione in una inesauribile e disperata ricerca di guide, maestri, padri e figure da idolatrare, da cui dipendere in modo morboso, fallico e religioso. Pochi uomini hanno voluto ergere l’autodeterminazione individuale a principio comune e fondante, mentre è sempre il giogo ad essere lo sport preferito di questa umanità bambina e irresponsabile”.
IL PADRE OGGI
Le parole scritte sui social dal mio amico e avvocato Giuseppe sono riaffiorate nei ricordi di un vecchio post condiviso su Facebook praticamente 5 anni fa e, tra ironia caustica e un pizzico di dissacrante eccesso, hanno conservato lo stesso sapore di quel lontano 2018, e l’identica attualità.
Sarà per l’assonanza con una vecchia riflessione di Aldo Busi in uno degli sterminati Maurizio Costanzo Show sulla dipendenza eccessiva degli italiani dalla figura paterna, e dell’uomo solo al comando (forse in piena epoca Ruby e Bunga Bunga).
Fatta eccezione per gli splendidi rapporti padri – figli e padri – figlie, sani e lodevoli, nonché rari, è un dato di fatto che oggi la figura del padre nella società italiana sia entrata in una crisi irreversibile. La stessa sorte che è toccata alla famiglia tradizionale del resto, e a legarle – non a caso – è proprio il lento crepuscolo del patriarcato.
LA FAMIGLIA TRADIZIONALE
In tv la ministra della famiglia e della natalità Eugenia Roccella, ospite dalla Annunziata in Mezz’ora, e in tante altre trasmissioni d’approfondimento politico, non negava la possibilità che un padre omosessuale fosse un ottimo genitore, seppur adottivo. Ma difendeva subito dopo il modello tradizionale uomo – donna che è sempre più un feticcio per la destra italiana, al pari del foot fetish tanto caro a Quentin Tarantino e agli iscritti di Onlyfans. “Noi la pensiamo diversamente, abbiamo altri piani, un modello che preveda una mamma e un papà”.
IL MASCHIO ITALIANO
E tutto il resto evidentemente è noia, per citare Califano. Semplicemente non esiste, perché si continua a ingabbiare il maschio italiano in un paradigma stantio che lo costringe a un ruolo genitoriale solo in compagnia di una femmina. Come nei migliori documentari naturalistici di Superquark, che pure affrontavano l’omosessualità tra le specie animali del pianeta e l’accudimento omogenitoriale.
IL PADRE INETTO
Il padre italiano ha dimostrato tutta la sua inadeguatezza e i suoi limiti negli ultimi anni, per quel che riguarda la generazione dei genitori di chi oggi ha 20 o 30 anni. Colpa della mentalità dei decenni precedenti, certo, ma anche dell’abdicazione – per alcuni di loro – al ruolo che competeva e che erano chiamati a svolgere.
Incapace di capire orientamenti e inclinazioni dei figli, fragilità e debolezze (forse perché cresciuto da nonni gelidi e refrattari anche davanti a un abbraccio), il padre italico ha preteso di guardare la maturità e l’ingresso nell’età adulta dei figli con gli occhiali degli anni precedenti. Completamente inadatti alla comprensione efficace del contingente e del momento attuale socioeconomico. E perciò la sua miopia è aumentata a livello esponenziale.
SCONTRO GENERAZIONALE
Abituato a lavori statali stabili (per chi è stato fortunato dietro la vecchia, gloriosa balena bianca della DC), e anche a una pensione sicura (l’ultima certezza per la sua generazione), il padre italiano non riesce a stare al passo coi tempi digitali e con le nuove figure professionali. Un CoCoPro è un fallimento, la precarietà una colpa da espiare, il badge da passare la mattina in ufficio rappresenta l’unica fede, e se sei un nomade digitale impegnato nella comunicazione, flessibile e versatile per natura, appari come un fallito ai suoi occhi.
Per di più se sei gay non ti accetta nemmeno o fa finta di farlo, per poi vomitarti il peggio del campionario dei contestatori del DDL Zan: “Gabriel Garko è frocio”, “Il marito di Rosaria non è mai stato un vero uomo e non l’ha mai fatto perché amava farsi manicure e pedicure ed era effeminato”. Che guida può offrire un padre del genere a un figlio che ha fatto coming out, che sta iniziando una relazione e inizialmente voleva pure coinvolgerlo in questo nuovo corso di vita?
Magari presentandogli il proprio compagno un giorno, avendone piacere. Non posso fare a meno di chiedermi: ma che guida può essere se sa solo urlare, sbraitare, senza avere le palle vere per affrontare la genitorialità? A differenza del marito di Rosaria ad esempio, che non ha nemmeno scelto di lasciare moglie e figli per la migliore amica e collaboratrice della consorte.
Tornando al discorso iniziale dell’amico Giuseppe: non è forse il caso di uscire da questa idolatria del padre solo al comando, ove necessario, per ricostruire la figura paterna e rifondarla anche nell’ottica di una famiglia arcobaleno, al pari dell’uomo nuovo suggerito da Kubrick col feto stellare di 2001 Odissea nello Spazio?




