Come se non bastassero le consuete polemiche per il Festival di Sanremo appena concluso, giudicato sempre troppo fluido negli ultimi 4 anni, ci ha pensato anche uno dei quotidiani nazionali di destra a rincarare la dose sui temi LGBTQ+.
“Arriva a fine carriera e si ricorda di essere gay”, questo il titolo – delicatissimo – sul coming out di Jakub Jankto, ex calciatore della nostra serie A, colpevole di averlo detto troppo tardi, a quanto pare.
Non posso fare a meno di chiedermi, già adesso: tardi, ma per cosa?
C’è una data di scadenza, un termine ultimo per presentare domande e istanze, per inoltrare una pratica? Questa vita è forse un concorso, una gara, una partita? E cosa vince chi fa prima a raccontare se è etero o gay?
Assodato che i giornali del centrodestra italiano siano funzionali solo come carta igienica e per “arravogliare” il pesce al mercato – come si dice a Napoli -, venduto magari dal loro Presidente del Consiglio che si vantava tanto di essere vicino/a alle pescivendole snobbate dalla sinistra, la notizia è stata data in pasto all’opinione pubblica nella maniera più atroce e spietata.
Esigono rispetto ma non ne hanno per gli altri, pretendono un ritorno alla moralità borghese bigotta ma sono i primi a scrivere titoloni immorali, provocano ma non vogliono essere provocati: friarielli insomma, quelli a fasci.
Questi colleghi della carta stampata non hanno proprio idea di quanto sia difficile aprirsi su certi argomenti con amici e parenti, e in alcuni settori lavorativi (il calcio in primis, tutto wag e bomber sciupafemmine), e in un paese ancora arretrato come il nostro.
Abbiamo le unioni civili, certo, ma nella maggior parte dei paesi europei e occidentali c’è il matrimonio egualitario e persino la possibilità di adozione, quando 7 anni fa si arenò definitivamente da noi la stepchild adoption in Parlamento.
Soprattutto ci sono leggi contro l’omofobia, mentre qui il DDL Zan provocò uno psicodramma sulla libertà di espressione a destra e a sinistra 2 anni fa. Fare coming out non è semplice, lo ammette in primis chi vi scrive: ci possono volere 20 anni, 30 anni di vita, a volte anche 40 oppure 50.
Nessuno conosce l’età giusta e il momento giusto per fare coming out e dirlo ad amici e parenti.
Io ce ne ho messi più di 30, anche perché solo 5 anni fa me ne resi pienamente conto (guai a chi fa il calcolo dell’età), e nessuno degli amici che davvero contano e che sono importanti per me ha fatto storie o problemi: “te lo fai uscire adesso, te lo sei fatto uscire adesso!”, o il “me lo dovevi dire prima e poi vedevo se mi stava bene”, pronunciato dal personaggio burino dei Perfetti sconosciuti, interpretato da Edoardo Leo (successivamente protagonista gay con Accorsi della Dea Fortuna).
Se vi dicono questo, allora non sono veri amici, perché non c’è riverbero sui rapporti, nulla pregiudica un’amicizia, se vera.
Persino io sono stato spiazzato da una delle mie migliori amiche, che non vedevo da più di un anno, e con cui ho trascorso 5 anni di liceo: aveva già capito di cosa volessi parlarle e intuito che dietro il termine “persona” si celasse il ragazzo con cui sto attualmente (“le cose cambiano in una settimana, evolvono, Dawson”), quando mi ha confidato di essere fluida.
Due storie abbastanza importanti con due ragazze, dopo alcune relazioni eterosessuali.
Elaborata la sorpresa iniziale, è stato bellissimo confrontarsi, parlare liberamente al tavolo di un bar, sorridere delle nostre piccole manie, delle esperienze e del trasporto che abbiamo avuto o che stiamo vivendo per le persone che fanno battere il cuore.
Che peccato non averlo fatto prima, “quante occasioni mancate”, per citare l’Accorsi delle Fate Ignoranti di Ozpetek, di dialogo, condivisione.
Abbiamo tanto da recuperare, ne siamo consapevoli entrambi, magari davanti a un buon bicchiere di vino a cena a casa mia, e lo faremo.
Le nostre vite compiono percorsi lunghissimi, giri immensi prima di approdare in un porto sicuro, con la persona giusta.
Quella che ti chiede se vuoi essere il suo ragazzo pochi secondi dopo avergli fatto la stessa domanda.
“Che giri fanno due vite”, ha cantato il vincitore di Sanremo 73, Marco Mengoni.
E che giri fanno le nostre palle quanto leggiamo i titoli – ben più volgari di quel che ho appena scritto – vergati dai pregiati opinion leader della destra italiana.