“Il desiderio termina nel momento in cui è stato raggiunto l’oggetto di quella ricerca, da qui la nostalgia di ciò che non è stato, che non è accaduto e che sarebbe potuto accadere”.
La rassegna Gli Ozi di Ercole agli scavi archeologici di Ercolano si è aperta con un primo ospite d’assoluta eccezione lunedì 18 settembre scorso.
Al primo appuntamento della rassegna dedicata all’archeologia del desiderio si è presentato infatti André Aciman, il celebre autore del romanzo Chiamami col tuo nome, da cui fu tratto l’omonimo film di Guadagnino.
E sue sono le parole con cui è iniziato questo racconto del desiderio del desiderio in una calda sera di settembre al Parco archeologico ercolanese.
Aciman, in visita tra le rovine delle terme maschili anche per presentare il suo nuovo libro, dal titolo Il bacio di Swann, ha infatti posto l’accento subito, fin dall’inizio, sul tema della nostalgia di quello che non fu, che non accadde, ma che sarebbe potuto accadere.
L’ha fatto col semplice esempio di una normale giornata a casa tra lavoro e famiglia, diviso tra le emozioni della scrittura, il suo mestiere appunto, e le gioie che gli regalano moglie e figli nella vita di tutti i giorni.
“La narrazione permette di esplorare quei mondi paralleli, quelle vite parallele che non sono mai state, ma che avrebbero potuto realizzarsi e che non conosceremo mai”, ha spiegato più precisamente lo scrittore.
Se Ron cantava in un Sanremo di metà anni ’90 Vorrei incontrarti tra 100 anni, forse pescando a mani basse tra le poesie e i sonetti di Shakespeare, qui invece ci troviamo di fronte a un Vorrei averti incontrato anni fa, parafrasando.
Del resto Gozzano declamava così: Non amo che le rose che non colsi. E per fare un salto pop in avanti di un secolo, il famoso gruppo pop statunitense OneRepublic con Counting Stars nel 2013 si esprimeva così attraverso la voce di Ryan Tedder: I’ve been losing sleep, dreaming about the things that we could be. Ovvero, ho perso il sonno sognando le cose che potremmo o avremmo potuto essere.
Homo irrealis era inizialmente, non a caso, il titolo, poi bocciato dall’editore, della nuova fatica letteraria di Aciman.
Un uomo irreale, ambiguo, fluido, non definito e poco amante delle etichette come lo stesso Aciman (per sua stessa ammissione).
Una persona in perenne attesa, incerta del suo futuro in un mondo di decisioni ferree e di scelte granitiche imposte dai tempi che corrono.
Che fossero poi mala tempora quelli che currunt, era chiaro da molto, con la grande chiamata alle armi dell’identità di questa politica attuale.
Proprio persona, termine così generico e utilizzato per nascondere magari il genere della persona che ci accompagna e che vive una relazione con noi (soprattutto se di natura omosessuale, ça va sans dire), viene dal latino e significa maschera.
E nulla più della maschera ci identifica, a pensarci bene. “Nell’interpretazione sbagliata spesso ritroviamo quello che sentiamo”, ha dichiarato Aciman nel corso del dibattito, moderato dal professore Gennaro Carillo, ordinario di Storia del Pensiero Politico presso l’Università Suor Orsola Benincasa.
E tornano subito alla mente i passaggi di due film di Ferzan Ozpetek, rispettivamente Le fate ignoranti e La finestra di fronte. “Gli inviti respinti, le parole non dette, gli sguardi non ricambiati, le rinunce, le attese, i messaggi cifrati, le occhiate rubate in mezzo a un mondo di ciechi”.
“Perché tante volte la vita ci passa accanto e non ci accorgiamo di nulla“, perdendo molte occasioni. Quello che mi stava capitando mesi fa, dopo aver contattato e poi iniziato a seguire sui social la persona con cui sto attualmente.
Spesso mi sono ritrovato a pensare, come suggerito da Aciman, cosa sarebbe stato di noi due se ci avessi provato fin da subito, o se ci fossimo conosciuti tempo prima, anni prima. A come sarebbe stato bello condividere quegli anni insieme.
Perché a volte si ha proprio la sensazione di conoscersi da sempre. E si percepisce quasi una nostalgia di cosa saremmo potuti essere, o quella bramosia di stampo romantico tedesco (Sensucht) che ha alimentato la fornace di emozioni, sensazioni indelebili del nostro primo mese di conoscenza più approfondito.
Il desiderio non si è esaurito, ovviamente, dopo aver raggiunto il nostro scopo reciproco, eppure quell’attesa del desiderio, quell’indecisione, quel temporeggiare figlio del “quasi” resteranno sempre scolpiti nella nostra memoria.
E perché, dopo tutto, come dici sempre, era quello il momento giusto in cui far combaciare anime e cuori. Forse non prima, o forse non lo sapremo mai. Ma poco conta ormai.