“Benvenuti nell’era dell’anti-innocenza, nessuno fa colazione da Tiffany e nessuno ha storie da ricordare. Facciamo colazione alle 7 e abbiamo storie che cerchiamo di dimenticare il più in fretta possibile. L’autoconservazione e concludere affari hanno priorità assoluta. Cupido ha preso il volo dal condominio. Come siamo finiti in questo pasticcio?”.
Esordiva così più di 20 anni fa il telefilm (ora le chiamiamo serie tv, pardon) Sex and the city, interrogandosi sulla deriva degli amori e delle frequentazioni nella Grande Mela. Qualcosa è cambiato nei rapporti, migliorato o peggiorato?
Non posso fare a meno di chiedermelo anche io, e la prima risposta che mi sarebbe venuta in mente fino a un mese fa è la seguente: peggiorato, soprattutto a causa dei social (non abbiamo nemmeno noi più storie da ricordare, se non per 24 ore su Instagram, e a patto di non metterle in evidenza).
Adesso ci andrei più morbido, e non perché abbia perso cinismo e spirito critico, altroché: ci sono incontri che cambiano la vita, persone che fanno comprendere le cose diversamente, rapporti che aprono nuove porte e portano in terreni inesplorati, come il dialogo ad esempio.
Lo scopo di questo articolo è inaugurare una nuova rubrica di Mangiamed, e la poetica di questa nuova rubrica si ispira ai quesiti e alle domande che si poneva Carrie Bradshaw, ma con un punto di vista maschile – sottilmente diverso -, e senza la pretesa di raccontare il sesso (chi sono io per farlo quando abbiamo le piattaforme XXX in rete, e con Cielo che resiste su questo fronte nel panorama del digitale terrestre).
Al posto di Sex quindi c’è Lex, legge, e non per studi o nozioni di giurisprudenza: l’importanza di darsi delle regole, senza severità o imposizioni, è vitale per far crescere i rapporti.
L’ho imparato dopo una notte insonne in cui la mente frullava come un Moulinex appena acquistato, girava come uno spazzolino elettrico fresco di carica, si agitava come un vespaio impazzito. Temevo di confidare al partner qualcosa che avrebbe inciso sul nostro rapporto, che avrebbe potuto comprometterlo: sfilare l’intero maglione, tirando un solo filo.
E invece la lezione è stata bellissima, emicrania a parte dovuta al dormiveglia: bisogna parlare, dirsi tutto quello che fa bene al rapporto, chiudersi non serve a nulla, sedimentare o rimuginare peggio ancora.
La mia paura derivava da anni di discussioni, litigi familiari e con amici, suscettibilità diffuse e reiterate che trascendevano sempre e mettevano a repentaglio amicizie e persino parentele.
Recentissima è stata la genialata di una vecchia conoscenza che, dopo un semplice suggerimento amichevole, ha pensato bene di farcire il suo diario Facebook di post polemici sui temi della chat whatsapp intercorsa tra noi.
Per non parlare di quella vecchia amica, aspirante scrittrice, che al mio consiglio di asciugare i post sui social, convogliando l’energia narrativa in un sano blog da condividere poi sui network, si offese a morte e gettò nel bidone dell’umido la nostra amicizia, come si fa con un bel piatto di fusilli cilentani fatti in casa.
Non ero più abituato alla maturità, al sereno confronto, ai toni pacati, alla comprensione reciproca: lo ammetto, ero vergine al dialogo da questo punto di vista fino a una settimana fa. Regola numero 1: non nascondersi preoccupazioni, ansie, bensì confidarsi e parlarne, per esorcizzarle, “perché in questa fretta, tutto si consuma”.
Non posso fare davvero a meno di chiedermi: da quando abbiamo abbandonato il giardino socratico per un eterno scontro, “l’un contro l’altro armati”, perennemente in lotta per la supremazia, per una ragione inutile ed effimera? In amore, come in amicizia, siamo belligeranti senza speranza di dialogo?